Il vero ponte tra Sicilia e Calabria c’è, è operoso da almeno un paio di millenni, non serve da transito e ora è anche protetto. È un qualcosa che ha più a che fare con gola e cultura che con la politica. Ad accorgersene, dopo un qualche dovuta insistenza, è stata anche Slow Food che ne fa fatto un presidio. Stiamo parlando della Pesca tradizionale dello Stretto di Messina, delle feluche, con gli alti alberi di avvistamento, e di tutti gli altri metodi di pesca al pesce spada come nasse e tremagli. Perché è in quei poco più di tre chilometri che dividono la Sicilia dal continente, che reggini e messinesi custodiscono un patrimonio culturale da proteggere e una forma di pesca basata sulla profonda conoscenza e sul rispetto del mare. Ora, come ha spiegato Antonella Donato, pescatrice e presidente dell’Associazione Pescatori Feluca dello Stretto, che riunisce gli operatori di entrambe le sponde: «Il Presidio ci permetterà anche di costruire una filiera di qualità. Il nostro pescato non fa grossi numeri, non perché il mare dello Stretto non sia pescoso, ma perché queste antiche tecniche sono altamente selettive e permettono di catturare solo il pesce che è giusto pescare in quel preciso momento, in base alla sua taglia, permettendone quindi la riproduzione».