Il panettone a Milano, quanto a popolarità natalizia, se la gioca alla pari con presepe e Albero. Con la differenza che se all’Epifania i sacri rivali cedono il passo, lui, imperterrito, continua a far masticare di sé fino al tre febbraio quando, per celebrare il protettore della gola San Biagio, la fetta che deve essere tradizionalmente conservata dal taglio del venticinque dicembre, deve anche essere consumata insieme ai propri cari. Come detto, a Milano il panettone è un’istituzione, lo fanno tutti, artisti, stilisti, pasticceri e, addirittura, panettieri. Chi lo ha fatto per primo non si sa. Di certo nel 1470 Giorgio Valagussa, precettore degli Sforza, ne scriveva. Nel 1549 poi, il cuoco ferrarese Cristoforo di Messisbugo ne elencava gli ingredienti, mentre nel 1606 arrivava la sua prima definizione ufficiale: panaton. Infine nel ‘700 Pietro Verri e Antonio Muratori vanno un po’ più in là e lo collegano a usanze pagane e medievali. Va da sé che, qualunque sia la verità, quella più poetica ci riporta al 1495 nella Milano di Ludovico Maria Sforza (Il Moro) e ha per protagonisti l’innominato cuoco ducale e lo sguattero Toni. Con quest’ultimo, chissà perché, incaricato di seguire la cottura del dolce di fine banchetto natalizio. Naturalmente il giovane ignaro si addormenta, il dolce si brucia e lui, per rimediare, propone quello che aveva preparato per sé stesso e gli amici con gli avanzi dell’impasto più qualche altra cosa, tipo uova, burro, uvetta e canditi. L’entusiasmo colse gli astanti e, anziché attribuirsi i meriti, il cuoco innominato disse: «L’è ‘l pan dal Tögn». Un po’ più precise invece sono le indicazioni da seguire per non sbagliare la scelta del panettone. Per prima cosa è bene controllare che nell’etichetta compaiano tutti gli ingredienti e che, se si sta pensando di comprare un prodotto artigianale, cioè privo di conservanti, la data di scadenza non deve andare oltre i due mesi dalla produzione. E questa è la parte facile. Perché poi si deve prestare attenzione alla forma, che non deve essere piatta e deve vagamente ricordare quella di un tappo da spumante. Il problema, a questo punto, è che la maggior parte di panettoni, eccezion fatta per quelli da pasticceria, sono confezionati in scatole di cartone o, addirittura di metallo, quindi la scelta si fa più complicata. Per ultimo bisogna che l’impasto sia giallo, soffice e che si sciolga in bocca, ma a quel punto lo avrete già comprato…