Sfatiamo subito il mito. Il Babbo Natale che conosciamo oggi non c’entra niente con la Coca-Cola. O quasi, perché, comunque sia, l’immaginario collettivo ormai le appartiene. Scritto ciò, il tutto si risolve in un bicchier d’acqua. Perché l’origine dell’era moderna di San Nicola, vescovo di Myra (l’attuale Demre in Turchia) ma ora residente a Rovaniemi nella Lapponia finlandese, laddove passa la linea del circolo polare artico, non è proprio come la conosciamo. Il tutto parte da: «Un po’ di whisky e acqua White Rock per decidere chi è cattivo o buono!». A dirlo era proprio un Babbo Natale vestito di rosso e con gli orli in pelliccia bianca: pon-pon del cappello compreso. Testimone è un Life Magazine che nel dicembre 1923 aveva proprio questa inserzione tra le sue pagine, cioè un bel po’ in anticipo rispetto al 1931, anno in cui la Coca-Cola commissionò all’illustratore Haddon Sundblom il compito di disegnare il famoso Babbo Natale delle proprie pubblicità natalizie. Dunque a tratteggiare il Santa Klaus che tutti conosciamo non è stata la più famosa delle bibite gasate, piuttosto una normalissima acqua sorgiva proveniente da Waukesha, nel Wisconsin, e già apprezzata dagli indiani Potawatomi. Paternità, tra l’altro, che in realtà affonderebbe le radici ancor prima, perché già nel 1915, la White Rock Beverages aveva pubblicato la stessa versione di Babbo Natale nelle proprie campagne apparse sul San Francisco Examiner. Dunque nessun dubbio e mito sfatato. Poi certo, se andiamo indietro nel tempo scopriamo che nel 1863 Thomas Nast, da molti considerato il capostipite del fumetto americano, tratteggiò il nostro San Nicola… così come lo conosciamo oggi. E tutto si perse in un bicchier d’acqua.