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Il racconto balsamico dei Giusti

Claudio Stefani Giusti.

Uno degli obiettivi più difficili da raggiungere per un prodotto dell’alto di gamma alimentare è quello di farsi accettare dal grande pubblico. Perché è il risultato di un percorso che implica il farsi conoscere, capire e infine apprezzare: veramente. Uno di questi prodotti è l’aceto balsamico. Quasi tutti lo conoscono e quasi tutti lo hanno usato almeno una volta. Però, al di là di quel prato gustato nella tv dei primi anni duemila, cosa sia veramente è quasi materia oscura. Soprattutto se guardiamo al prezzo, perché tra i due euro degli esemplari della grande distribuzione e le centinaia di euro della grande collezione qualcosa va spiegato e raccontato. A Modena lo sta facendo Claudio Stefani Giusti, rappresentante della diciassettesima generazione di quella famiglia che aveva iniziato a invecchiare e affinare aceto balsamico nel 1605, ai piani alti di via Farini, proprio sopra la salumeria di proprietà (la più antica d’Europa). Oggi, la salumeria c’è ancora, ma ha cambiato proprietario. Anche l’acetaia c’è ancora, ma ora è alle porte della città. E lo è per due motivi. Il primo perché i volumi sono cresciuti e la fame di spazio pure. Il secondo perché uno dei mantra di Claudio Stefano Giusti, che è alla guida dell’azienda dal 2005 e dal 2014 ne è anche unico proprietario, è proprio il racconto. Così fuori Modena ha trovato un posto perfetto per aprire il Museo di Casa Giusti. Un luogo che tutti i giorni, e gratuitamente, apre le proprie porte a chiunque voglia scoprire storia e segreti del mosto cotto e invecchiato. Il tutto tra cimeli e barricaie vecchie di duecento anni ma perfettamente funzionanti. E allora ecco che le differenze tra aceto balsamico Tradizionale e Igp diventano una realtà tangibile, come le loro diverse classificazioni. Anime tratteggiate dall’uso di legni tanto diversi per tipo e dimensioni: dal gelso al ginepro passando per l’immancabile rovere con tagli che vanno dalle centinaia ai quindici litri. Mentre il tempo, che scorre tanto lentamente, scandisce riflessioni interrotte solo dalle moderne variazioni sul tema (cioccolatini, sorbetti, prosciutti e vermouth) che diventano il punto di contatto con la nuova realtà digitale.

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