Fughiamo subito un dubbio, tutte le paste sono in tre dimensioni ma solo questa è creata con una stampante 3D. Stiamo parlando di BluRhapsody, la startup creata Barilla per sperimentare alta cucina e nuova tecnologia. Il risultato di questo primo anno è racchiuso in un libro a tiratura limitata, millecinquecento copie: mille delle quali in italiano e le altre in inglese. Il titolo è The Usual but Better – The design of the 3D printed pasta e ha duecento pagine con testi di Antonio Gagliardi, responsabile Design & technology, Michela Petronio, RD technology, process, packaging research and Laboratories director di Barilla, Stefano Maffei, direttore Master design for food del Politecnico di Milano, Antonella Campanini, storica dell’alimentazione dell’Università di Bologna, dello scrittore divulgatore gastronomico Carlo Spinelli, e suggellate da una poesia di Alberto Capatti, ex direttore della Gola e primo rettore dell’Università di Pollenzo. Ad accompagnare gli scritti ci sono sessantaquattro immagini realizzate dal fotografo Roberto Savio, che è anche il responsabile della direzione creativa del progetto, che ha immortalato i piatti realizzati dalla chef e gastronoma Beatrice Guzzi. Entrando nel merito del progetto BluRhapsody, si tratta di un nuovo modo di vivere e consumare la pasta, che da alimento base della nostra cucina, abbandona la sua zona d’elezione, quella dei primi piatti, per assurgere a protagonista dell’alta cucina, magari come amuse bouche. Questa nuova identità, figlia della tecnologia, le permette infatti di appropriarsi di sembianze mai viste, a volte irriverenti, e anche personalizzabili.